Il secondo giorno abbiamo lavorato con i volontari e le volontarie di Nuovo Armenia, la nostra art director Cecilia Di Gaddo aveva preparato minuziose cartelle piene di immagini e storie dei nostri quartieri, siamo partiti da lontano per guardare quanto il nostro territorio sia portatore di esperienze, lavoro industriale e creativo, associazionismo, pensiero, azione e cultura. Basta guardarsi intorno per capire che ci collochiamo in continuità con il fermento che da sempre caratterizza i luoghi che abitiamo. Ragionare per immagini non è semplice per i non addetti ai lavori, come si fa a pensare a cos’è Nuovo Armenia con un disegno? Per questo a tanti è venuto più semplice partire dalle parole. Cos’è questo luogo? Una nuova casa che stiamo costruendo insieme, un posto in cui rinsaldare relazioni e a partire da queste agire un cambiamento. Si ma cambiare cosa? Cosa succede in questa città veloce? Ci siamo detti che non ci piace la perenne narrazione vincente che non lascia spazio alla fragilità, alla fatica. E allora il pensiero è andato a quante volte in questi anni ci siamo sentiti sul punto di romperci, tantissime volte i nostri corpi, come questo luogo, hanno tremato. Per la paura, per la difficoltà di gestire un processo di riqualificazione complesso, per la fragilità di farlo senza soldi, per la costruzione continua di strategie per andare avanti e soprattutto perché da soli sapevamo che non ci saremmo mai riusciti. Abbiamo sempre saputo che avevamo bisogno del quartiere, di amicizia e visione collettiva e su questo abbiamo investito. Cosa siamo dunque? Forse la definizione che più ci rappresenta e che meglio descrive il processo di Nuovo Armenia ce l’ha fornita Omar quando ci ha detto che il nostro racconto gli faceva pensare ad un sistema antifragile, ovvero un sistema che sa mutare, adattarsi e migliorare grazie ad eventi traumatici., che sa abbracciare l’imprevisto, l’incertezza e prova ad assumere positivamente il rischio.
Dopo il fine settimana intensivo passato insieme mi sono sentita grata, commossa e piena di nostalgia, quel sentimento pungente che arriva prepotentemente il giorno dopo, quando finisce un incontro che in qualche modo ti ha cambiato e capisci che hai imparato cose nuove. Non è un caso che mi sia venuto in mente Lucio Dalla, ho sentito la necessità di ascoltare la sua musica e sono riaffiorati alcuni versi di uno dei miei pezzi preferiti, Anna e Marco:
“Con un’aria da commedia americana Sta finendo anche questa settimana
Ma l’America è lontana Dall’altra parte della luna Che li guarda e anche se ride A vederla mette quasi paura”
E anche la nostra America è lontana, costruirla mette paura, ma siamo qui e poco a poco la stiamo vedendo materializzarsi. Insieme l’abbiamo perfino disegnata.
Workshop realizzato il 14 e 15 maggio grazie al sostegno di Fondazione di Comunità Milano Onlus, Fondazione Peppino Vismara, Bando 57 all’interno del progetto Costruire Nuovo Armenia